E’ il rifugio più alto delle orobie bergamasche e la sua posizione
centrale né permette l’accesso dalla Valle di Scalve, dalla Val Seriana e
dalla Valtellina. E’ situato al Passo di Venano nell’alta
Valle del Vò e
regala panorami spettacolari. La salita dalla splendida Valle del Venerocolino col Sentiero CAI 414 ed a seguire Il Sentiero CAI 416 per raggiungerlo, rappresenta sicuramente
un’itinerario più impegnativo, in termini di sviluppo e dislivello,
rispetto a quello classico col Sentiero CAI 413 (
già visto nella relativa SCHEDA), che sarà invece utilizzato per il ritorno,
scendendo dalla Valle del Vò. Poco
prima di raggiungere il Passo del Venerocolo, si passa accanto ai
bellissimi omonimi laghetti. Il
tratto di sentiero (416) che si percorre dal
citato valico (m 2315) al Tagliaferri, fa parte dell’ “Itinerario
Naturalistico del Curò” (che unisce
l’omonimo rifugio al Passo del Vivione) e presenta, in alcuni punti,
dei brevi momenti di esposizione comunque mai difficili anche perché attrezzati (EEA).
Itinerario
Il sentiero
parte in località Paghera (m 1100) che si raggiunge da Ronco (m 1070),
seguendo la stradina carrabile che, verso sinistra, si stacca dalla strada
principale per Schilpario subito dopo un tornante destrorso (sul Torrente Val di Vò). La
carrereccia conduce in meno di un km ai
grandi spazi della località Paghera (m 1100), poco prima dell’ex
ristorante Vò, dove si può parcheggiare.
Ci si
incammina sulla strada incontrando molto presto la segnaletica dei sentieri 413 e 414, rispettivamente per la
Valle del Vò e del Venerocolino. Si
prende il sentiero di destra 414 che si alza ripidamente nel bosco sul versante orografico
sinistro della Valle del Venerocolino, mentre quello di sinistra 413
porta al Rifugio Tagliaferri risalendo la bella Valle del Vò. Si cammina su
sentiero battuto e ben segnato che
sale zigzagando tra la vegetazione in costante evoluzione con l’aumentare
dell’altitudine. Dopo una ventina di
minuti si prosegue più
dolcemente su sentiero a tratti erboso, sino ad uscire dal bosco.
Molto presto si raggiunge una spaziosa
radura con bella vista sul versante
nord della Presolana che troneggia sullo sfondo mentre alla nostra
destra le alte pareti dei “Canali del Rame” chiudono ad oriente
la valle. Successivamente si compie un ampio giro a semicerchio verso
sinistra, con l’incredibile paesaggio che dal pascolo raggiunge le
alte rocce tra le quali scendono alcune cascatelle. Tramite un bel ponticello di
legno si supera un copioso corso
d’acqua raggiungendo cosi il versante orografico destro della valle, continuando
poi a salire nel bosco con alcuni tornanti. Dopo aver guadagnato
quota, si riesce nuovamente dal
bosco sotto agli erbosi
costoni orientali del M. Bognaviso (m 2287). Si passa sotto
ad una cascatella, a volte asciutta, che si getta proprio sul sentiero
e quindi, dopo alcune svolte che rimontano un gradone, si continua sulla gradevole mulattiera militare in
lieve pendenza sino a raggiungere, in maniera quasi improvvisa, il primo dei Laghi
del Venerocolo (m 2270) mentre su un dosso roccioso appare
evidente un omino di pietre con croce fatta
di rami; alla destra di questa croce spunta la cima del M. Venerocolo o Tre Confini (m 2570). Si prosegue semipianeggianti sino al più piccolo dei laghetti ma
anche il più alto (m 2305) e successivamente si raggiunge il più bello e grande (detto Lago Bianco) alla quota
di m. 2293, situato nei pressi e poco sotto al Passo del
Venerocolo (m 2315). Si
incrocia il Sentiero Cai 416 facente parte anche dell’ “Itinerario
Naturalistico del Curò”, che va seguito verso sinistra (ovest), mentre
verso destra procede in direzione del Vivione; conviene però raggiungere
temporaneamente il vicinissimo
valico del Venerocolo dal quale è possibile allungare lo sguardo sulla Valtellina e sulle cime delle Alpi
Retiche. Questo facile valico era
in passato una delle più frequentate vie di comunicazione tra la Valtellina e la Val di Scalve,
utilizzato da pastori, carbonai, contrabbandieri e cacciatori.
Si riprende il percorso verso ovest, mentre
la mulattiera a tratti diviene
semplice sentiero, salendo decisamente alle falde del M. Venerocolino
(m 2569) sino a raggiungere un canalone ove alcune maniglie di ferro favoriscono
l’attraversamento. Superatolo si abbandona la mulattiera, rovinata da
una frana, per salire ad una selletta dalla quale, in territorio
valtellinese, si guadagna con comodo
percorso semipianeggiante il Passo
del Demignone (m 2485). Sempre notevole è la panoramicità del percorso che,
correndo vicino alla linea del crinale, consente vaste vedute sulla Val di Scalve e alcuni scorci su quella di Belviso. Da una di queste
sellette panoramiche, in corrispondenza di una postazione militare realizzata
con grosse pietre, prende avvio l’impegnativo
tratto del “Ruinù” che significa, in dialetto, grossa frana: per circa
trecento metri si attraversa infatti uno scosceso versante dove il tracciato
si snoda tra detriti, sfasciumi,
canali e rocce, dove la presenza di catene lungo il tratto (semipianeggiante) consente
l’utilizzo degli accessori per l’autoassicurazione, tipo moschettoni e
cordino, vivamente consigliati anche se la
larghezza del sentiero è sempre discreta. Un omino di pietra segna il
passaggio ai più dolci versanti detritici situati sotto lo spallone meridionale del M.
Demignone (m 2587), dai quali risulta evidentissimo e intuibile il tracciato della mulattiera che
conduce sino al Passo di Venano (m 2328), che ospita il già visibile
Rifugio Tagliaferri. Si inizia una
discesa che con alcuni larghi tornanti conduce al Passo del Vò (m 2368), dove è
possibile ammirare il grande invaso del Lago
di Belviso, forse il più grande delle Orobie. Si continua sulla
mulattiera che in semipiano
conduce al Passo di Venano, mentre davanti a noi e oltre il Rifugio
Tagliaferri si staglia evidente la
piramide inconfondibile del Pizzo Tornello (m 2687), situata a sud del
Passo di Belviso separandolo dalla cresta Cima Trobio_Pizzo Strinato (m
2865/2833). Si giunge così, dopo circa 5 ore dalla partenza, al Rif. Nani Tagliaferri, solitamente
aperto in modo continuo da fine luglio a metà settembre.
Si ricorda che questo rifugio è il ricovero alpino
custodito più alto delle Orobie ed è intitolato al forte Alpinista Scalvino
Nani Tagliaferri, scomparso nel 1981 su una montagna delle Ande Peruviane.
Nei pressi è presente una scultura
metallica, una croce in pietra, un
pezzo di artiglieria leggera ed una campana.
Per il ritorno si risale al vicino crocevia di sentieri,
quindi si seguono le indicazioni
del Cai 413 (vicino al rifugio, diparte verso SSW un traccia molto scoscesa,
chiamata Sentiero della Bandiera, che taglia e accorcia l’iniziale discesa
sino alla quota di circa 2000 metri dove riprende il sentiero normale, ma
per niente comoda). Ci si dirige prima verso Sud, semipianeggianti, incontrando quasi
subito un torrente incassato nelle
rocce che si supera, senza difficoltà, con l’aiuto di alcune catene. Si
continua sul comodo sentiero, verso sud in semipiano, per circa un km sino
a quando, poco sopra al Laghetto del
Tornello (m 2186) si comincia a girare gradualmente verso sinistra
assumendo poi la direzione Nord.
Si perde quota sul pendio di erbe e
pietrame, si supera un torrentello
e si oltrepassa un canale più grande
nel quale scorre copiosa l’aqua che scende dalla ripida costiera, sino a
raggiungere l’inizio di una serie di serpentine che ci fanno
perdere velocemente ulteriore quota. Si raggiunge così l’ampia conca pascoliva del Venano Superiore (m 1864).
Successivamente si toccano i bei pascoli
delle Baite Venano di Mezzo (m
1679), dai quali verso nord-ovest è possibile ammirare un’alta cascata originata dal
Torrente Val di Vò, che scende dalla conca del Venano Superiore. Dopo averlo attraversato, si continua
verso sud in moderata discesa, costeggiando il versante orografico destro della valle,
che via via si fa sempre più stretta e incassata. Superati anche i prati della Baita Venano di Sotto
(m 1542), il sentiero, pur perdendo quota, rimane alto rispetto al torrente ed
entra nel bosco. Si raggiunge un rudere e successivamente il bivio dove il
sentiero, ormai mulattiera conduce direttamente a Ronco. Lo si ignora
tenendo la sinistra sino a raggiungere un
primo ponte, oltre il quale subito si passa il bivio per la cascata del Vò (per la quale se ne consiglia vivamente la visita, spendendo
pochissimi minuti di cammino dal sentiero principale). Un ulteriore ponte più massiccio ci consente di
attraversare il ramo più grosso del torrente e raggiungere la bella sterrata, sempre Cai 413, con la quale si attraversa in piano il bellissimo
bosco, chiudendo successivamente l’anello.
Earth file Gpx mappa
Partenza
|
quota
|
Arrivo
|
quota
|
dislivello
|
max
|
Tempo
|
Km
|
Difficoltà
|
Date
|
La Paghera
(Ronco)
|
1100
|
Passo del Venerocolo
|
2315
|
1215
|
|
h. 3.00
|
8,85
|
E
|
10/08/2019
18/08/2018
|
Passo del Venerocolo
|
2315
|
Passo di Venano
|
2328
|
+260
-247
|
|
h. 1.30
|
5
|
EEA
|
Passo di Venano
|
2328
|
La Paghera (Ronco)
|
1100
|
-1228
|
|
h. 2.45
|
10,34
|
E+
|
|